Riportiamo il testo dell'intervista rilasciata dal nostro Luca Castagnetti a Wine Meridian in occasione della sua "Analisi dei bilanci 2021 delle imprese del vino" a Vinovip Cortina 2022.
di Emanuele Fiorio
Giunta alla sua 12a edizione, il 10 e 11 luglio scorsi si è svolta “VinoVip Cortina 2022”, biennale firmata dalla rivista Civiltà del bere con il patrocinio del Comune di Cortina d’Ampezzo ed il contributo di Agenzia ICE. Un summit di due giorni in grado di mettere in contatto key players internazionali, media ed operatori del settore, raccogliere 59 aziende produttrici e proporre talk, degustazioni, masterclass e seminari introdotti da esperti di fama internazionale.
“VinoVip Cortina 2022” è stata una occasione chiave anche per analizzare strategie, competenze richieste, investimenti, bilanci, performance delle imprese italiane del vino. In quest’ottica il Centro Studi di Management DiVino, divisione specializzata di Studio Impresa, interamente dedicata al mondo delle imprese del vino, ha analizzato i bilanci depositati di 373 aziende (187 private e 186 cooperative), con un giro d’affari superiore a 3 milioni di euro, con dati omogenei dal 2018 al 2021.
Per approfondire i risultati emersi, abbiamo intervistato Luca Castagnetti, socio fondatore di Studio Impresa e responsabile dell'area Consulenza Direzionale, Reti di Impresa e Finanza Aziendale.
In un passaggio della vostra analisi vengono prese in esame le prime 50 aziende caratterizzate da un margine operativo lordo (EBITDA) più alto: il 74% è rappresentato da aziende private ad alta capitalizzazione (strong). Quali sono le ragioni di questo risultato?
Già nell’analisi fatta nel 2019 sui bilanci 2016-2018 di un campione di 50 imprese presenti a “VinoVip” era emerso che le aziende con una percentuale di immobilizzazioni sul totale degli asset aziendali superiore al 29% erano in forte recupero di redditività rispetto alle imprese più leggere di carattere più commerciale. Il dato aveva sorpreso la platea che era convinta che il modello “light” fosse vincente (così si raccontava allora nei convegni di settore...).
Ora a distanza di tre anni il trend è molto chiaro. Le imprese private con immobilizzazioni materiali importanti (vigneti, immobili e impianti di cantina) realizzano una marginalità nettamente superiore alle imprese con meno asset: un ebitda del 15.72% contro un 10.36%.
Questo importante risultato è frutto di scelte strategiche di lungo periodo: investire in vigneti e cantina comporta investimenti importanti che possono essere realizzati solo all’interno di una disegno strategico che possa favorire una “politica” di filiera, una continuità di costi all’origine, un miglioramento continuo dell’uva conferita, un processo produttivo unitario dal vigneto allo scaffale. Solo con il controllo di tutta la catena del valore è possibile attuare sia strategie di valorizzazione del brand (azione positiva sui ricavi) sia di razionalizzazione e di efficienza dei processi produttivi (azione sui costi). In entrambe i casi il risultato è un miglioramento economico.
Dalla vostra analisi emergono delle necessità contingenti non più prorogabili, quali sono gli asset strategici su cui le aziende hanno intenzione di investire maggiormente?
Il 2021 è stato un anno eccezionale di crescita nei ricavi (+12.72%) e nella redditività (+10,39). Queste risorse devono far spingere l’acceleratore su investimenti che possano ridurre i rischi aziendali nel futuro: adattamento dei vigneti ai mutamenti climatici, controllo della filiera, digitalizzazione dei processi con riduzione dei costi di produzione, autoproduzione di energia, sostenibilità non solo ambientale ma anche sociale e di governance. Ci sono dei modelli di impresa che hanno resistito meglio di altri, prima alla pandemia e ora alla guerra. Si tratta di individuarli con precisione (mai confrontarsi con dati “medi”!) e di fare un benchmark con la propria azienda: emergeranno ipotesi di lavoro molto concrete.
In questo ultimo lustro, i cambiamenti storici-economici-ambientali sembrano aver impresso una accelerazione repentina. Quali sono le competenze di cui le aziende necessitano maggiormente e che intendono sviluppare per garantirsi competitività in questo frangente?
Dalla survey realizzata per “VinoVip Cortina 2022” è emerso un elemento che non ci ha sorpreso ma che è una novità per il settore: la capacità di gestione delle risorse umane è stata valutata la “nuova” competenza più importante. Penso che sia una valutazione “rivoluzionaria” causata dall’esperienza ormai quotidiana della difficoltà di reperire persone qualificate e capaci di coinvolgersi nei progetti aziendali di sviluppo. Spesso il problema è generato dall’azienda stessa che non è sufficientemente strutturata per ingaggiare e trattenere i migliori talenti o per far crescere le persone attualmente in forza. Una seconda competenza strategica è stata individuata nel “brand management”. Le aziende hanno compreso che la capacità di vendere a prezzi remunerativi è direttamente proporzionale alla crescita di valore del loro brand. In un sistema sempre più complesso la differenza la faranno quindi le persone che, capaci e motivate, sapranno far crescere prima la consapevolezza dell’identità e del valore dell’azienda e poi del suo brand e della sua reputazione nel mercato.
Aziende vino e redditività: spiccano le aziende private più immobilizzate
Dall’analisi dei bilanci 2021 delle imprese italiane del vino emerge che le imprese private con immobilizzazioni materiali importanti realizzano marginalità superiori alle imprese con meno asset.
di Emanuele Fiorio
Giunta alla sua 12a edizione, il 10 e 11 luglio scorsi si è svolta “VinoVip Cortina 2022”, biennale firmata dalla rivista Civiltà del bere con il patrocinio del Comune di Cortina d’Ampezzo ed il contributo di Agenzia ICE. Un summit di due giorni in grado di mettere in contatto key players internazionali, media ed operatori del settore, raccogliere 59 aziende produttrici e proporre talk, degustazioni, masterclass e seminari introdotti da esperti di fama internazionale.
“VinoVip Cortina 2022” è stata una occasione chiave anche per analizzare strategie, competenze richieste, investimenti, bilanci, performance delle imprese italiane del vino. In quest’ottica il Centro Studi di Management DiVino, divisione specializzata di Studio Impresa, interamente dedicata al mondo delle imprese del vino, ha analizzato i bilanci depositati di 373 aziende (187 private e 186 cooperative), con un giro d’affari superiore a 3 milioni di euro, con dati omogenei dal 2018 al 2021.
Per approfondire i risultati emersi, abbiamo intervistato Luca Castagnetti, socio fondatore di Studio Impresa e responsabile dell'area Consulenza Direzionale, Reti di Impresa e Finanza Aziendale.
In un passaggio della vostra analisi vengono prese in esame le prime 50 aziende caratterizzate da un margine operativo lordo (EBITDA) più alto: il 74% è rappresentato da aziende private ad alta capitalizzazione (strong). Quali sono le ragioni di questo risultato?
Già nell’analisi fatta nel 2019 sui bilanci 2016-2018 di un campione di 50 imprese presenti a “VinoVip” era emerso che le aziende con una percentuale di immobilizzazioni sul totale degli asset aziendali superiore al 29% erano in forte recupero di redditività rispetto alle imprese più leggere di carattere più commerciale. Il dato aveva sorpreso la platea che era convinta che il modello “light” fosse vincente (così si raccontava allora nei convegni di settore...).
Ora a distanza di tre anni il trend è molto chiaro. Le imprese private con immobilizzazioni materiali importanti (vigneti, immobili e impianti di cantina) realizzano una marginalità nettamente superiore alle imprese con meno asset: un ebitda del 15.72% contro un 10.36%.
Questo importante risultato è frutto di scelte strategiche di lungo periodo: investire in vigneti e cantina comporta investimenti importanti che possono essere realizzati solo all’interno di una disegno strategico che possa favorire una “politica” di filiera, una continuità di costi all’origine, un miglioramento continuo dell’uva conferita, un processo produttivo unitario dal vigneto allo scaffale. Solo con il controllo di tutta la catena del valore è possibile attuare sia strategie di valorizzazione del brand (azione positiva sui ricavi) sia di razionalizzazione e di efficienza dei processi produttivi (azione sui costi). In entrambe i casi il risultato è un miglioramento economico.
Dalla vostra analisi emergono delle necessità contingenti non più prorogabili, quali sono gli asset strategici su cui le aziende hanno intenzione di investire maggiormente?
Il 2021 è stato un anno eccezionale di crescita nei ricavi (+12.72%) e nella redditività (+10,39). Queste risorse devono far spingere l’acceleratore su investimenti che possano ridurre i rischi aziendali nel futuro: adattamento dei vigneti ai mutamenti climatici, controllo della filiera, digitalizzazione dei processi con riduzione dei costi di produzione, autoproduzione di energia, sostenibilità non solo ambientale ma anche sociale e di governance. Ci sono dei modelli di impresa che hanno resistito meglio di altri, prima alla pandemia e ora alla guerra. Si tratta di individuarli con precisione (mai confrontarsi con dati “medi”!) e di fare un benchmark con la propria azienda: emergeranno ipotesi di lavoro molto concrete.
In questo ultimo lustro, i cambiamenti storici-economici-ambientali sembrano aver impresso una accelerazione repentina. Quali sono le competenze di cui le aziende necessitano maggiormente e che intendono sviluppare per garantirsi competitività in questo frangente?
Dalla survey realizzata per “VinoVip Cortina 2022” è emerso un elemento che non ci ha sorpreso ma che è una novità per il settore: la capacità di gestione delle risorse umane è stata valutata la “nuova” competenza più importante. Penso che sia una valutazione “rivoluzionaria” causata dall’esperienza ormai quotidiana della difficoltà di reperire persone qualificate e capaci di coinvolgersi nei progetti aziendali di sviluppo. Spesso il problema è generato dall’azienda stessa che non è sufficientemente strutturata per ingaggiare e trattenere i migliori talenti o per far crescere le persone attualmente in forza. Una seconda competenza strategica è stata individuata nel “brand management”. Le aziende hanno compreso che la capacità di vendere a prezzi remunerativi è direttamente proporzionale alla crescita di valore del loro brand. In un sistema sempre più complesso la differenza la faranno quindi le persone che, capaci e motivate, sapranno far crescere prima la consapevolezza dell’identità e del valore dell’azienda e poi del suo brand e della sua reputazione nel mercato.